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L’insostenibile idiozia della pseudo-anarchia

giugno 1, 2010 10 commenti

A seguito del crollo degli stati “comunisti” dell’Europa orientale e attraverso la diffusione di Internet, la concezione anarchica ha ripreso a circolare, discretamente ma in maniera sempre più ampia. La cosa è estremamente positiva perché molti di noi non ne possono più dello stato, della sua soffocante invadenza e del suo colossale marciume. Tuttavia, è proprio quando una concezione si espande che rischia di snaturarsi perché alcuni tra i nuovi venuti vi portano tutto il loro vecchio bagaglio fatto di miti duri a morire, pregiudizi incancreniti, contrapposizioni obsolete. Molti che si avvicinano all’anarchia provengono da esperienze qualificabili, in linguaggio corrente, di sinistra, socialista o comunista. Nell’anarchia essi cercano tutto ciò che hanno sperimentato nelle esperienze precedenti (l’antifascismo, l’anticapitalismo, l’egualitarismo, l’assistenzialismo, ecc.) e se non lo trovano ve lo introducono con estrema determinazione.

In questo essi hanno buon gioco perché ognuna di queste posizioni racchiude qualcosa che è anche all’interno della concezione anarchica originaria: l’antifascismo come opposizione al nazionalismo e all’autoritarismo; l’anticapitalismo come opposizione allo sfruttamento lavorativo e al parassitismo; l’egualitarismo come riconoscimento che tutti gli esseri hanno uguale diritto alla libertà; l’assistenzialismo inteso come aiuto volontario reciproco (mutual aid). Se le vecchie posizioni fossero così riformulate, allora una chiarificazione terminologica (ad es. antiautoritarismo invece di semplice antifascismo, antisfruttamento padronale invece di anticapitalismo, e così via) basterebbe a superare equivoci e malintesi riportando tutti nell’ambito del pensiero e della pratica dell’anarchia che mira alla promozione di individui liberi in condizione di effettuare libere scelte. Invece così non è.

Chiariamo allora le cose punto per punto. L’antifascismo di questi nuovi venuti, che d’ora in poi qualificherò come pseudo-anarchici, è una lotta violenta senza quartiere contro i cosiddetti fascisti che non possono neanche manifestare le loro idee. In sostanza è la riproposizione del più becero autoritarismo e dei metodi repressivi più odiosi in nome dell’anarchia. Per quanto riguarda l’anticapitalismo il discorso si fa ancora più ambiguo e intollerante dal momento che esiste, soprattutto negli USA, una corrente che si qualifica come anarco-capitalista. Gli pseudo-anarchici, totalmente accecati dall’intellettualismo parolaio e dalla superficialità propria degli etichettatori di professione, non si preoccupano nemmeno di analizzare quali sono le idee di base di questa corrente. Per loro basta la presenza del termine capitalismo per porre fine al discorso. La cosa, ripeto, sarebbe forse anche comprensibile (se intesa come semplice rigetto terminologico) considerando che sotto la voce capitalismo troviamo nel corso della storia anche ogni sorta di corporatismo, monopolismo, protezionismo e favoritismo dei padroni (i cosiddetti capitalisti) in combutta con lo stato.

Il fatto è però che gli pseudo-anarchici non solo rigettano il termine ma anche tutto ciò che gli anarco-capitalisti (e i fautori del free-market anticapitalism quali Kevin Carson e Roderick T. Long) sostengono e cioè il libero scambio, la libera circolazione di beni e persone dappertutto nel mondo, la libera attività e così via. In sostanza, così facendo gli pseudo-anarchici non rigettano tanto il capitalismo quanto i cardini essenziali su cui poggia l’anarchia. Gli anarchici (e in questo anche Marx) non sono mai stati anti-capitalisti nel senso di vagheggiare un ritorno a un passato pre-tecnologico (il capitale sono le macchine per chi non lo sapesse, non il gruzzolo in banca) e protezionista (contro il libero scambio) ma semmai fautori di uno sviluppo estremo del capitalismo che conducesse poi al suo superamento. In questo senso essi sono sia ultra-capitalisti che post-capitalisti in quanto, proprio sulla base dello sviluppo capitalistico e del libero scambio, a cui sono favorevoli, prevedono e auspicano un allargamento continuo della libertà, cioè delle libere scelte degli individui (passando per l’estinzione dello stato voluta non solo dagli anarchici ma anche da Marx e Engels).

Il rifiuto da parte degli pseudo-anarchici della libertà di attività e di scambio (vale a dire, per parlare in termini giornalistici, contro la libera impresa e il libero mercato) deriva dal fatto che questi nuovi venuti tentano di spacciare per anarchia concetti e pratiche che sono in definitiva puro statismo. Questo trova conferma nelle altre loro parole d’ordine: egualitarismo e assistenzialismo. Per egualitarismo essi concepiscono una redistribuzione forzata del reddito (una sorta di spartizione mafiosa del bottino ottenuto attraverso l’imposizione fiscale) il che richiede chiaramente, ohibò, l’esistenza di un entità superiore redistributrice. Gli anarchici invece ritengono che con la fine dei privilegi attribuiti dallo stato alle sue cricche si assisterà alla fine della concentrazione delle ricchezze, ad una sorta di diffusione del reddito, chiaramente penalizzando i ceti parassitari burocratici e premiando soprattutto i lavoratori-imprenditori produttivi e creativi.

Per quanto riguarda l’assistenzialismo gli pseudo-anarchici, come dimostrano le recenti dimostrazioni in Grecia in cui essi si sono pienamente riconosciuti, non vanno oltre lo stato assistenziale di cui difendono a spada tratta l’esistenza non rendendosi conto che così facendo lo stato che essi hanno fatto uscire a parole dalla finestra rientra trionfalmente dalla porta principale. Una delle affermazioni più note di Samuel Johnson, il lessicografo e saggista inglese, è: “Patriotism is the last refuge of a scoundrel.” (Il patriottismo è l’ultimo rifugio di un farabutto.) Per come le cose si stanno sviluppando riguardo al movimento anarchico potremmo dire che l’anarchia (cioè la pseudo-anarchia) sta diventando davvero l’ultimo rifugio dei farabutti dello statismo. Attraverso ciò che presentano come anarchia, essi stanno cercando di far passare tutto il peggio del Grande Fratello.

Recentemente un gruppo che si definisce anarchico ha posto all’ordine del giorno della discussione il collettivismo (di staliniana memoria) e l’anarchia sociale che non si capisce bene cosa sia se non l’ennesimo imbroglio parolaio degli pseudo-intellettuali statisti sempre intenti a vendere fumo pur di salvare lo stato (anche sotto altro nome) nei secoli a venire. Per questo, alle tre affermazioni propagandistiche del Grande Fratello War is Peace – La Guerra è Pace Ignorance is Strength – L’Ignoranza è Forza Freedom is Slavery – La Libertà è Schiavitù dovremmo forse aggiungerne una quarta, la più agghiacciante di tutte: Anarchism (pseudo-anarchy) is Statism – L’Anarchismo (ovvero la pseudo-anarchia) è lo Statismo. A questo punto dopo aver distrutto il socialismo trasformandolo in nazional-socialismo (nazismo) e il comunismo trasformandolo in comunismo reale (stalinismo) adesso gli intellettuali dello statismo sono intenti a distruggere l’anarchia trasformandola in anarchismo sociale (collettivismo burocratico) e apprestandosi così a effettuare la più grossolana e la più schifosa delle manipolazioni. Se ci riusciranno la colpa sarà unicamente nostra -cioè di tutti gli esseri dotati di ragione e di spirito critico e amanti della libertà-.

da: (http://spazi-altri.noblogs.org/post/2010/05/24/l-insostenibile-idiozia-della-pseudo-anarchia)

La giusta posizione!

Roderick Long illustra quali sono i punti per un left-libertarian sui quali far pressione e diffusione:

I libertari, soprattutto i left-libertarian , devono lavorare affinché sia visibile la nostra posizione. Essere visibili non è sufficiente è necessario argomentare le proprie ragioni ma una buona posizione argomentativa non serve se la gente non capisce la posizione che si sta difendendo.
Così, il nostro compito fondamentale è posizionarci sulle seguenti tesi:

1, la grande impresa ed il gran governo sono una maggioranza opprimente, alleati naturali contro la libertà.

2, benché i politici conservatori dicano di essere ostili al gran governo ed i progressisti vogliano fare credere di essere ostili alla grande impresa (quella monopolista) , le politiche dell’establishment economico, tanto progressiste come conservatrici, effettuano lo stesso intervento massiccio in favore delle grandi imprese e del gran governo.

3, i politici progressisti mascherano la loro posizione usando la scusa di essere per le classi deboli; i conservatori lo fanno in favore di una retorica di non intervento e libero mercato. Tuttavia, in entrambi i casi la retorica e molto differente dai fatti.

4, perfino una politica che si realizzasse realmente in favore dei deboli non funzionerebbe: la natura del potere statale la trasformerebbe per favorire le elite.

5, una politica di autentico libero mercato e non intervento funzionerebbe, poiché la libera concorrenza favorisce il consumatore e indebolisce le elite.

6, essendo che le politiche conservatrici, benché abbiano un alone di retorica liberoscambista, normalmente sono il contrario del libero mercato, i fallimenti dei conservatori rinforzano la posizione in favore del libero mercato.

Anarchia a Filadelfia: ‘‘Congresso’’ annuale della Molinari Society

Il sito dei left-libertarian (http://leftlibertarian.org/) pubblica l’ elenco finale dei partecipanti al quinto ‘‘Congresso’’ annuale della Molinari Society che è tenuto in partecipazione con l’Associazione Filosofica americana, il congresso si terrà dal 27 al 30 dicembre 2008.
Tra gi interventi più interessanti, assisteremo il 29 dicembre dalle 13-30 alle 16:30, alla presentazione di Crispin Sartwell del suo nuovo libro: Against the State (Contro lo Stato: Una Introduzione alla Teoria Politica Anarchica) e alla presentazione del libro: Anarchism/Minarchism: Is a Government Part of a Free Country? di Roderick T. Long e Tibor R. Machan.

I partecipanti:
John Hasnas (Università di Georgetown)
Charles Johnson (Molinari Institute)
Roderick T. Long (Università Auburn)
Jan Narveson (Università di Waterloo-Canada)
Crispin Sartwell (Università di Dickinson)
William Thomas (Atlas Society)
Jennifer McKitrick (University of Nebraska-Lincoln)
Christopher Morris (University of Maryland)
Nicole Hassoun (Carnegie Mellon University)

Se verrò a conoscenza di nuovi sviluppi vi terrò informati, vi lascio il sito (in inglese) dei programmi di lavoro del congresso : http://praxeology.net/molinarisoc.htm#programs

News da Filadelfia:

(in inglese)

L’intervento di Jan Narveson su Crispin Sartwell: (http://praxeology.net/molinarisoc-narveson08-2.htm)

L’intervento di Jennifer McKitrick su di Roderick Long: (http://praxeology.net/molinarisoc-mckitrick08.htm)

L’intervento di Roderick T. Long su Nicole Hassoun: (http://praxeology.net/molinarisoc-long08.htm)

Chris Morris : Anarchism vs. Minarchism (http://praxeology.net/molinarisoc-morris08.htm)

William Thomas: (http://praxeology.net/molinarisoc-thomas08.htm)

La risposta a dieci obiezioni ad una società senza stato


di Roderick T. Long
dal Blog Di Luigi Corvaglia: http://luigicorvaglia.blogspot.com/

Traduzione di Maurizio Colucci (con la partecipazione di Luigi Corvaglia, traduttore del punto 5 e responsabile della modifica – mirata esclusivamente all’ “eufonia” e non certo al miglioramento dello scritto in termini semantici – di alcune parti del precedente lavoro di Colucci). Note di M. Colucci.
Voglio parlare delle obiezioni principali che sono state mosse all’anarchismo libertario e tentare di rispondervi. Ma prima di cominciare … vorrei esporre brevemente una ragione positiva in favore di una società libertaria.

Premessa: problemi del monopolio forzoso
Guardate la cosa da questo punto di vista: che cosa c’è che non va in un monopolio delle scarpe? Supponete che io e la mia banda siamo gli unici col permesso legale di produrre e vendere scarpe. Cosa c’è che non va? Beh, prima di tutto, dal punto di vista morale, la domanda è: perché proprio noi? Cosa abbiamo di speciale? … Perché io e la mia banda avremmo il diritto di produrre e vendere qualcosa che nessun altro ha il diritto di produrre e vendere; di fornire un bene o servizio che nessun altro ha il diritto di fornire? Per quanto voi ne sappiate, sono solo un mortale, un altro umano come voi. Quindi da un punto di vista morale non ho diritto di farlo più di chiunque altro. Poi, naturalmente, da un punto di vista pragmatico e consequenzialista, qual è il risultato probabile del fatto che io e la mia banda abbiamo il monopolio delle scarpe? Prima di tutto, ci sono problemi di incentivo. Se sono l’unica persona che ha il diritto di fare e vendere scarpe, probabilmente non otterrete da me le scarpe a un buon prezzo. Posso farvi pagare quello che voglio, almeno fino a che il prezzo non è tale che non possiate più permettervele, o che decidiate che siete più felici senza scarpe. Ma in ogni caso vi chiederò il prezzo più alto che posso cavare da voi — perché non avete alcun altro posto dove rivolgervi. Inoltre probabilmente non dovreste aspettarvi che le mie scarpe abbiano una qualità particolarmente alta, perché, dopotutto, fino a che le scarpe sono appena decenti, e fino a che le preferite ad andare a piedi scalzi, dovete comprarle da me. Oltre al fatto che probabilmente le mie scarpe saranno molto costose e non di gran qualità, il fatto che sono l’unica persona che può produrre e vendere scarpe mi dà un certo potere su di voi. Supponi che tu mi stia antipatico. Supponi che tu mi abbia offeso in qualche modo. Beh, forse dovrai andare per un po’ in giro senza scarpe. Quindi ci sono anche problemi di abuso di potere. Ma non è solo un problema di incentivo. [Ci sono anche problemi di informazione.] Infatti, supponiamo che io sia un santo e che faccia per voi le migliori scarpe che riesco a fare, e che vi faccia pagare il prezzo più basso che posso, e che non abusi affatto del mio potere. Supponiamo anche che io sia completamente degno di fiducia. … c’è ancora un problema, e cioè: come faccio a sapere che sto facendo un buon lavoro con queste scarpe? Dopotutto non ho concorrenti. Forse potrei fare dei sondaggi per cercare di scoprire che tipo di scarpe la gente vuole. Ma ci sono molti modi diversi in cui io potrei fare scarpe. Alcuni modi sono più costosi, altri meno. Come faccio a saperlo, senza un mercato, e quindi senza l’informazione che mi deriva dal profitto o dalle perdite? Devo tirare a indovinare. Quindi, anche se faccio del mio meglio, la quantità di scarpe che produco e la loro qualità potrebbero non essere le più adatte a soddisfare le preferenze delle persone. Ed io ho difficoltà a scoprirlo.
Il governo è un monopolio forzoso
Quindi queste sono le ragioni per non avere un monopolio forzoso della produzione e della vendita delle scarpe. A prima vista, queste sembrano anche buone ragioni per non dare a nessuno il monopolio dei servizi giudiziari, dei servizi di protezione, e di tutte quelle cose che potremmo chiamare “l’impresa della legge”. Prima di tutto c’è la questione morale: perché una gang di persone ha il diritto di essere l’unico in un dato territorio ad offrire certi tipi di servizi legali e far applicare certe cose? E poi ci sono le domande economiche: quali saranno gli incentivi? Anche questo è un monopolio. Sembra probabile che, essendo i clienti costretti a rivolgersi a loro, essi faranno pagare prezzi più alti di quanto farebbero altrimenti, e offriranno una qualità inferiore. Potrebbe esserci anche qualche occasionale abuso di potere. E poi, anche se riesci ad evitare tutti questi problemi, e riesci a far arrivare al governo dei santi, c’è sempre il problema di informazione: come fanno sapere che il modo in cui stanno fornendo i servizi legali (la particolare combinazione di servizi legali che stanno fornendo) sia davvero la migliore? Visto che non c’è concorrenza, non c’è modo per loro di sapere se potrebbero fare di meglio. Lo scopo di queste considerazioni è spostare l’onere della prova sull’interlocutore. A questo punto, colui che si oppone alla concorrenza nei servizi di protezione e arbitrato deve produrre delle obiezioni.

DIECI OBIEZIONI ALL’ANARCHISMO LIBERTARIO

1) il governo non è un monopolio coercitivo
Un’obiezione che viene a volte sollevata non è tanto un’obiezione all’anarchismo quanto un’obiezione all’argomento morale in favore dell’anarchismo. L’obiezione dice: guarda, lo Stato non è veramente un monopolio coercitivo. Non è vero che le persone non hanno dato il loro consenso. Esiste un senso in cui le persone hanno acconsentito al sistema esistente: decidendo di vivere dentro i confini di un certo territorio, accettando i benefici che il governo offre, e così via. Proprio come, se tu entri in un ristorante e ti siedi e dici che vuoi una bistecca, non devi esplicitamente dire che sei disposto a pagare; è una cosa implicita. Con l’atto di sederti al ristorante e chiedere la bistecca, stai acconsentendo a pagarla. Analogamente, secondo questo argomento, se tu ti siedi nel territorio di un dato Stato, ed accetti il beneficio della protezione della polizia o qualcosa del genere, allora hai implicitamente acconsentito a rispettare i suoi requisiti. Notate che, anche se questo argomento fosse corretto, non risolverebbe la questione pragmatica se lo Stato sia il miglior sistema dal punto di vista del funzionamento. Ma credo che ci siano dei problemi già nell’argomento in questione. È certamente vero che, se entro nella proprietà di altri, sembra che ci sia una specie di aspettativa: finché mi trovo nella loro proprietà, devo fare come dicono. Devo seguire le loro regole. Se non voglio seguire le loro regole, allora me ne devo andare. Ad esempio, io ti invito a casa mia, e, quando tu entri, dico “devi indossare questo strano cappello”. E tu dici “perchè?” e io dico “Beh, è così che funziona a casa mia. Tutti devono indossare lo strano cappello. Sono le mie regole.”. Ebbene, in questo caso tu non puoi dire “Non indosso lo strano cappello ma resto comunque qui”. Queste sono le mie regole; possono essere sciocche, ma posso farlo. Adesso, supponi di essere a casa tua e di stare cenando. Io sono il tuo vicino di casa. Vengo e busso alla tua porta. Tu apri la porta, io entro e dico: “Devi indossare lo strano cappello”. E tu dici: “E perché mai?”. E io dico “Beh, sei venuto a vivere vicino a me, no? Così facendo, hai acconsentito”. E tu dici “Aspetta un secondo! Quando ho acconsentito a una cosa del genere?” Credo che la persona che sostiene quell’argomento stia già assumendo che il governo abbia qualche giurisdizione legittima su questo territorio. E poi dicono: ora, chiunque sia nel territorio sta acconsentendo alle regole prevalenti. Ma stanno assumendo ciò che cercano di dimostrare, cioè che questa giurisdizione sul territorio sia legittima. Se non lo è, allora il governo è solo un gruppo di persone come un altro che risiede in questo vasto territorio geografico. Ma io ho la mia proprietà, che non è la loro (o quantomeno non mi hanno dato alcun argomento che suggerisce che sia loro). Quindi, il fatto che io sto vivendo in “questo paese” significa solo che sto vivendo in una regione geografica sulla quale loro accampano certe pretese. Ma la domanda è se queste pretese siano legittime. Non puoi assumerlo mentre cerchi di provarlo. Un’altra cosa: uno dei problemi di questi argomenti del “contratto sociale implicito” è che non è chiaro quale sia il contratto. Nel caso in cui ordini cibo al ristorante, tutti sanno abbastanza bene quale è il contratto. Quindi in questo caso è possibile impostare un argomento sul consenso implicito. Ma nessuno suggerirebbe che è possibile comprare una casa nello stesso modo. Ci sono così tante regole. Quando è una cosa complicata, nessuno direbbe “hai dato il consenso quando hai mosso la testa leggermente a un certo punto” o qualcosa del genere. Devi scoprire che cosa c’è davvero nel contratto. A che cosa stai acconsentendo? Se nessuno sa quali sono i dettagli del contratto, non è un argomento persuasivo. Ok, da questo punto in poi la maggior parte degli argomenti di cui parlerò sono pragmatici, o un misto tra morali e pragmatici.
2) Hobbes: il governo è necessario per la cooperazione
Probabilmente l’argomento più famoso contro l’anarchia è quello di Hobbes. L’argomento di Hobbes è: vedete, la cooperazione umana, la cooperazione sociale, richiede una struttura legale sottostante. La ragione per cui possiamo fidarci gli uni degli altri è che sappiamo che ci sono forze legali che ci puniranno se violiamo i diritti dell’altro. Io so che mi puniranno se violo i tuoi diritti, ma puniranno anche te se violi i miei. Quindi io posso fidarmi di te senza preoccuparmi della tua personalità. Devo solo confidare nel fatto che tu sarai intimidito dalla legge. Quindi, la cooperazione sociale richiede questa intelaiatura legale tenuta in piedi dalla forza fisica dello Stato. Beh, qui Hobbes sta assumendo un bel po’ di cose allo stesso tempo. Primo, sta assumendo che non possa esserci alcuna cooperazione sociale senza la legge. Secondo, sta assumendo che non ci può essere alcuna legge se non c’è dietro una forza fisica che la faccia applicare. Terzo, sta assumendo che solo uno Stato monopolista possa far applicare la legge con la forza. Ma tutte queste assunzioni sono false. Primo, è certamente vero che la cooperazione può emergere, ed emerge, senza la legge. Forse non in modo così efficiente come emergerebbe con la legge, tuttavia emerge. C’è un libro, L’ordine senza la legge, di Robert Ellickson, in cui si illustra come i vicini risolvono le dispute. Offre molti esempi. Ad esempio, cosa succede se la mucca di un contadino entra nel terreno di un altro contadino: risolvono la disputa mediante accordi reciproci e la consuetudine. E non c’è alcuna intelaiatura legale per risolverla. Forse tutto ciò non è abbastanza per un’economia complessa, ma certamente mostra che si può avere qualche tipo di cooperazione senza una struttura legale. Secondo, si può avere una struttura legale che non sia supportata dalla forza. Un esempio è la legge dei mercanti (Law Merchant) nel medioevo: un sistema di legge commerciale che era tenuto in piedi dalle minacce di boicottaggio. Boicottare non significa usare la forza. E’ un atto pacifico. Eppure, avevamo commercianti che stipulavano tutti questi contratti, e, se non rispettavi il contratto, la corte semplicemente diceva a tutti “questa persona non ha rispettato il contratto; tenetelo in considerazione se farete un altro contratto con lui”. Terzo, è del tutto possibile avere un sistema legale formale che sia sostenuto dalla forza ma che non sia monopolistico. Visto che ad Hobbes non viene neppure in mente questa possibilità, non dà neppure alcun argomento contro di esso. Ma possiamo certamente trovare esempi storici. La storia dell’Islanda medioevale, ad esempio, in cui non c’era alcun organo centrale dell’applicazione della legge. Sebbene ci fosse qualcosa che si potrebbe forse definire governo, non aveva alcun ramo esecutivo. Non aveva polizia, non aveva soldati, non aveva niente. Aveva una specie di sistema di corti di giustizia in concorrenza tra loro. Ma poi, dopo che le corti emettevano la sentenza, non si curavano dell’applicazione. E dei sistemi si sono evoluti automaticamente per svolgere questa funzione.
3) Locke: tre “inconvenienti” dell’anarchia
Degli argomenti più interessanti provengono da Locke. Egli sostiene che l’anarchia ha tre “inconvenienti”. … in ogni modo era più ottimista di Hobbes. Pensava che la cooperazione potesse emergere, sulla base di propensioni morali da una parte e interesse personale dall’altra. Locke pensava che ci fossero tre problemi. Un problema è che in una società anarchica non ci sarebbe un corpo generale di leggi, generalmente noto a tutti, e concordato da tutti, e compreso da tutti. Le persone possono afferrare certi principi di base del diritto naturale, ma la loro applicazione e i dettagli precisi sarebbero stati sempre controversi. Anche tra i libertari non c’è un accordo totale sui dettagli. Quindi, anche in una società di libertari pacifici che cooperano tra di loro, ci saranno disaccordi sui dettagli. E quindi, se non c’è un corpo generale di legge che tutti conoscono in anticipo, e su cui tutti possono contare nel prendere le decisioni, allora non può funzionare. Questo era il primo argomento di Locke. Deve esserci un corpo legale universale che si applica a tutti e che tutti conoscano in anticipo. Secondo, c’è un problema di applicazione della legge. Pensava che senza un governo non hai abbastanza potere unificato per far rispettare la legge. Abbiamo soltanto individui che applicano la legge per conto loro, individui che sono troppo deboli, non abbastanza organizzati, e quindi potrebbero essere sconfitti da una gang di banditi o qualcosa del genere. Terzo, locke diceva che non ci si può fidare delle persone quando sono giudici di se stessi. Se due persone hanno un disaccordo, e uno dice, “io conosco il diritto naturale e lo applicherò con te”, beh, le persone tendono ad essere di parte, e troveranno più plausibile quell’interpretazione del diritto naturale che è più favorevole a se stessi. Non ci si può fidare delle persone quando giudicano se stessi, quindi dovrebbero essere obbligati moralmente a sottoporre le loro dispute a un arbitro. Forse in casi di emergenza possono ancora difendersi da soli, sul posto, ma, per altri casi in cui non sia una questione di autodifesa immediata, devono delegare questo ad un arbitro, una terza parte. Cioè lo Stato. Locke pensa che questi problemi esistano in anarchia e che non ci sarebbero con il governo, o almeno con il governo giusto. Ma io credo che sia vero esattamente l’opposto. Credo che l’anarchia possa risolvere tutti e tre questi problemi, e che lo Stato, per sua stessa natura, non possa risolverli. Esaminiamo prima la questione dell’universalità, cioè avere un corpo di legge universalmente noto che le persone possono conoscere in anticipo e su cui possono contare. [Uniformità e prevedibilità.] Ora, una cosa simile può emergere in un sistema non statale? Si dà il caso che sia emerso proprio questo con la Legge Mercantile, precisamente perché lo Stato non lo forniva. Una delle cose che fecero emergere la legge mercantile è che tutti gli Stati d’Europa avevano leggi diverse per quanto riguarda i commercianti. Erano tutte diverse. Una corte in Francia non riteneva valido un contratto fatto in Inghilterra sotto le leggi inglesi, e viceversa. E quindi, i mercanti avevano difficoltà a fare scambi internazionali poiché non c’era un sistema uniforme di legge commerciale per tutta l’Europa. Quindi i mercanti si sono riuniti e hanno detto “bene, facciamocela da soli. Le corti vengono fuori con queste regole tutte diverse, e non rispettano le decisioni gli uni degli altri, quindi noi ignoriamole, e creiamo il nostro sistema legale”. Quindi questo è un caso in cui l’uniformità e la prevedibilità sono state prodotte dal mercato e non dallo Stato. E potete vedere che questo non è sorprendente. Coloro che forniscono un sistema privato hanno interesse a renderlo uniforme e prevedibile, se questo è ciò di cui i clienti hanno bisogno. Questo per la stessa ragione per cui non trovate sul mercato bancomat di forma triangolare. Per quanto ne so, non c’è alcuna legge che dice che non puoi produrre un Bancomat triangolare. Ma se qualcuno provasse a metterlo sul mercato, semplicemente non sarebbe popolare perché non si adatterebbe alle macchine esistenti. Quando la gente ha bisogno della diversità, quando la gente ha bisogno di sistemi diversi per persone diverse, il mercato fornisce proprio questo. Ma ci sono dei casi in cui è meglio l’uniformità. Il tuo Bancomat ha maggior valore per te se tutti gli altri usano lo stesso tipo, o un tipo compatibile, così che puoi usare qualunque distributore ovunque tu vada; quindi i mercanti, se vogliono avere un profitto, forniranno uniformità. Quindi il mercato ha incentivo a fornire uniformità, mentre il governo non ha necessariamente questo incentivo. Per quanto riguarda la questione di avere forza sufficiente per organizzarti e difendere i diritti delle persone… beh, non c’è ragione per cui non puoi avere organizzazione con l’anarchia. Anarchia non significa che ognuno si fa le scarpe da sé. L’alternativa al governo che fornisce le scarpe non è che tutti si fanno le scarpe da sé. Analogamente, l’alternativa al governo che fornisce i servizi legali non è che tutti si fanno giustizia da sé, o che tutti devono essere poliziotti di se stessi. Non c’è ragione per cui la gente non si possa organizzare in vari modi. Anzi, se ti preoccupa l’idea di non avere forza sufficiente per resistere a un aggressore, allora un governo monopolista è un aggressore molto più pericoloso di una qualunque gang di banditi, perché ha concentrato tutto questo potere in un unico punto della società. Cosa più interessante, credo che l’argomento sull’essere giudici di se stessi si rivolti contro Locke. Prima di tutto non è un buon argomento in favore dell’esistenza di un monopolio. Infatti, dalla frase “tutti dovrebbero sottoporre le loro dispute a una terza parte”, è fallace dedurre che “dovrebbe esserci un’unica terza parte a cui tutti sottopongono le loro dispute”. È come se da “tutti amano almeno un programma tv” noi deducessimo “esiste un programma tv che è amato da tutti”. Semplicemente non segue. Puoi avere che tutti sottopongono le loro dispute a una terza parte senza che ci sia una terza parte a cui tutti sottomettono le loro dispute. Supponi che ci siano tre persone su un’isola. A e B possono sottoporre le loro dispute a C, A e C possono sottoporre le loro dispute a B, e B e C possono sottoporre le loro dispute ad A. Quindi non c’è bisogno di un monopolio per realizzare il principio che le persone dovrebbero sottoporre la loro dispute a una terza parte. Ma soprattutto: non solo non è necessario un governo, ma un governo è esattamente ciò che non può soddisfare questo principio. Perché se tu hai una disputa con il governo, il governo non sottopone questa disputa a una terza parte. Se hai una disputa con il governo, sarà risolta in una corte del governo (se sei fortunato. Se sei sfortunato e vivi sotto uno di quei governi più brutali, non arriverai neanche a una corte). Ora, naturalmente, è meglio se nel governo c’è una divisione dei poteri, in modo che ci siano più controlli e bilanciamenti, e così via. È un po’ meglio, perché è più simile alla situazione in cui ci sono terze parti. Ma comunque sono tutte parti dello stesso sistema: i giudici vengono pagati con i soldi delle tasse e così via. Insomma, non è che non si possono avere approssimazioni migliori e peggiori di questo principio con vari tipi di governo. Però, finché è un sistema di monopolio, esso, per sua stessa natura, è in un certo senso privo di legge. In ultima istanza non sottopone mai le sue disputa una terza parte.
4) Ayn Rand: le agenzie di protezione private combatteranno fra loro
Questo è probabilmente l’argomento più popolare contro una società libertaria, sostenuto da Ayn Rand. Prendiamo il seguente scenario: io credo che tu abbia violato i miei diritti, e tu credi che non sia così. Io chiamo la mia agenzia di protezione e tu chiami la tua agenzia di protezione. Il caso vuole che i giudici delle rispettive agenzie di protezione non siano d’accordo su chi di noi ha torto. A questo punto, chiede Rand, perché le due agenzie non dovrebbero semplicemente combattere? Cosa garantisce che non combatteranno? La risposta naturalmente è che niente garantisce che non combatteranno. Gli esseri umani hanno libero arbitrio. Possono fare qualunque pazzia. Potrebbero combattere. Allo stesso modo, George Bush potrebbe decidere di premere domani il pulsante della bomba nucleare. La gente può fare ogni genere di cosa. Ma la domanda è: cosa è più probabile? Chi ha più probabilità di risolvere le proprie dispute mediante la violenza: un governo o un’agenzia di protezione privata? Beh, la differenza è che le agenzie di protezione private devono sopportare i costi delle proprie decisioni di andare in guerra. Andare in guerra è costoso. Se devi scegliere tra diventare cliente di due agenzie di protezione, e una delle due risolve le sue dispute con la violenza la maggior parte delle volte, e l’altra risolve le sue dispute con l’arbitrato la maggior parte delle volte, che cosa sceglierai? Certo potresti pensare: “voglio quella che risolve le dispute con la violenza. E’ una figata”. Ok, ma ti costerà di più. La domanda è: quanto fanatico sei? Certo, potresti essere così fanatico che accetterai di pagare una tariffa più alta. Ma molti altri clienti diranno “scelgo quell’agenzia che non mi fa pagare soldi extra per la violenza”. Questo nella società anarchica. Invece i “clienti” dei governi sono costretti ad essere clienti di quei governi; non possono andare da un’altra parte. Vengono tassati comunque. Quindi, se un governo decide di andare in guerra, non deve temere che i suoi clienti passino ad un’altra agenzia di protezione. Quindi i governi possono scaricare sui cittadini i costi della guerra in modo molto più efficace di quanto possano farlo le agenzie di protezione..
5)Robert Bidinotto: Non c’è un arbitro finale per le dispute
Un’obiezione comune – la si trova, ad esempio, in Robert Bidinotto, che è un randiano che ha scritto un gran numero di articoli contro l’anarchia – (Io e lui abbiamo una sorta di dibattito online in corso su questo) – e la cui principale obiezione all’anarchia è che in anarchia, non c’è un arbitro finale nelle dispute. Sotto il governo, un qualche arbitro finale ad un qualche punto arriva a risolvere le dispute in un modo o in un altro. Bene, in anarchia, dato che non c’è alcuna agenzia che ha il diritto di definire le cose una volta per tutte, non c’è arbitro finale, così le dispute, in un certo senso, non finiscono mai e non vengono mai risolte, rimangono sempre aperte.
Quindi qual è la risposta a ciò? Bene, penso che ci sia un’ambiguità sul concetto di arbitro finale. Per “arbitro finale” si potrebbe intendere l’arbitro finale in termini platonici. In altre parole, qualcuno o qualcosa o qualche istituzione che in qualche modo garantisce in modo assoluto che la disputa è chiusa per sempre, che garantisce in assoluto la risoluzione. Oppure, per “arbitro finale” si può semplicemente intendere qualche persona o processo o istituzione o qualcos’altro che in modo più o meno affidabile garantisce il più delle volte che questi problemi sono risolti.
Ora, è vero che nel senso platonico di un’ assoluta garanzia di un arbitro finale – in quel senso, l’anarchia non ne produce affatto. Ma non lo fa neppure qualunque altro sistema. Prendiamo la repubblica costituzionale miniarchica del tipo che gode dei favori di Bidinotto. C’è un arbitro finale sotto questo sistema, nel senso di qualcuno che garantisce assolutamente la fine del processo di disputa per sempre? Bene, io ti faccio causa, o mi viene fatta causa, o sono accusato di qualcosa – sono in qualche tipo di situazione da tribunale. Perdo. Mi appello. Mi appello alla Corte Suprema. Mi vanno contro. Faccio pressione sul congresso per cambiare le leggi in modo che mi favoriscano. Non lo fanno. Così io provo a fare un movimento per un Emandamento Costituzionale. Che fallisce, cosicchè provo a mettere insieme delle persone nuove affinché votino al Congresso qualcuno che voti a favore. In un certo qual modo, posso andare avanti per sempre. La disputa non è finita. Eppure, come dato di fatto, la maggior parte delle cause legali in effetti finisce. Qualcuno trova troppo costoso continuare a combattere. Similmente, in anarchia – ovviamente non c’è chi possa garantire che il conflitto non andrà avanti all’infinito. Ci sono ben poche garanzie che un’armatura calzi a pennello. Ma non ci sono ragioni per non aspettarsi che funzioni.
6) il diritto di proprietà non può emergere dal mercato
Un altro argomento popolare, usato spesso dai seguaci di Ayn Rand, è che gli scambi di mercato presuppongono l’esistenza di un diritto di proprietà. Io e te non possiamo scambiarci beni e servizi, o soldi e servizi, o cose del genere, se non c’è già in partenza una struttura stabile di diritti di proprietà che ci assicuri di quali proprietà abbiamo. Visto che il mercato, per poter funzionare, presuppone un diritto di proprietà preesistente, allora il diritto di proprietà stesso non può essere prodotto del mercato. Il diritto di proprietà deve emergere in qualche modo; non sanno bene da dove, ma dal mercato non può emergere (forse pensano che emerga da qualche robot infallibile o cose del genere). Insomma loro ragionano così: a un certo momento non esiste questo diritto di proprietà, e non stanno avvenendo transazioni di mercato; tutti stanno aspettando che l’intera struttura legale sia in piedi. E poi, quando la struttura è completa, possiamo finalmente cominciare a fare scambi. Certamente è vero che non puoi avere mercati funzionanti senza un sistema legale funzionante. Ma non è che prima si costruisce il sistema legale, e poi, l’ultimo giorno, quando finalmente si finisce di mettere insieme il sistema legale, la gente comincia a fare scambi. Queste cose si evolvono insieme. Le istituzioni legali ed economiche nascono in parallelo, nello stesso posto e nello stesso tempo. Il sistema legale non è una cosa indipendente dall’attività che regolamenta. Dopo tutto, il sistema legale, ripeto, non è un robot o un dio o qualcosa di separato da noi. L’esistenza di un sistema legale consiste nelle persone che vi obbediscono. Se tutti ignorassero il sistema legale, esso non avrebbe alcun potere. Quindi, se il sistema sopravvive, è solo perché le persone generalmente lo rispettano. Anche il sistema legale quindi dipende dal sostegno volontario. Credo che una ragione per cui molte persone sono spaventate dall’anarchia è che pensano che sotto un governo ci sia una specie di garanzia, che in anarchia viene perduta. Che in qualche modo ci sia una struttura solida di fondo a cui possiamo sempre appigliarci nel caso peggiore, una struttura che invece non esiste in anarchia. Ma questa struttura solida di fondo è solo il prodotto di persone che interagiscono in base agli incentivi che hanno. Eppure, quando gli anarchici dicono che le persone in anarchia probabilmente avrebbero incentivi per fare questo o quello, le altre persone rispondono “Ma non è sufficiente! Non voglio che sia soltanto probabile che abbiano gli incentivi di fare questo. Voglio che il governo garantisca assolutamente che lo faranno!” . Ma il governo è fatto di persone. E a seconda di quale è la struttura costituzionale del governo, queste persone hanno probabilità di fare una cosa o un’altra. Non è possibile creare una costituzione che garantisca che le persone del governo si comportino in un modo preciso. Si può creare una costituzione in modo tale che abbiano più probabilità di fare questo e meno probabilità di fare quello. L’anarchia è solo un’estensione del concetto di “controlli e bilanciamenti”; è un sistema che fornisce più controlli e bilanciamenti tra i poteri rispetto a una Costituzione. Per esempio, la gente dice “Che cosa garantisce che le diverse agenzie risolveranno le cose in un dato modo?” Beh, la Costituzione degli Stati Uniti non dice nulla su che cosa succede quando rami diversi del governo sono in disaccordo su come risolvere le cose. Non dice cosa succede se la corte suprema pensa che una cosa sia incostituzionale ed il Parlamento pensa che non lo sia, e vuole procedere comunque. Ad esempio è ben noto che la costituzione non dice che cosa succede se c’è una disputa tra gli Stati e il governo federale. Non è sempre esistito il sistema attuale, in cui se la corte suprema dichiara che una cosa è incostituzionale, poi il Parlamento e il presidente non cercano più di farlo (o cercano di farlo di meno). Ricordate, quando Andrew jackson era presidente: la corte suprema dichiarò che ciò che Jackson stava cercando di fare era incostituzionale. Lui rispose soltanto “beh, hanno preso la loro decisione, vediamo se riescono ad applicarla”. La costituzione non dice se ciò che Jackson ha fatto era la cosa giusta. La soluzione che seguiamo oggi è quella che è emersa dalla consuetudine. Forse siete a favore, forse siete contro; in ogni caso questa soluzione non è stata mai codificata nella legge.
7) Il crimine organizzato prenderà il controllo
Una obiezione è che sotto l’anarchia il crimine organizzato assumerà il controllo. Beh, tutto può darsi. Ma è probabile? Il crimine organizzato ottiene il suo potere perché si specializza in cose che sono illegali; cose come la droga, la prostituzione eccetera. Negli anni in cui l’alcol era proibito, il crimine organizzato si specializzava nel traffico di alcol. Oggi, non sono tanto interessati al commercio di alcol. Quindi il potere del crimine organizzato dipende in gran parte dal potere del governo. E’ una specie di parassita che vive delle attività del governo. Il governo crea i mercati neri vietando certe cose. … Il crimine organizzato si specializza in questo. Quindi credo che il crimine organizzato sarebbe più debole, non più forte, in un sistema libertario.
8) I ricchi comanderanno
Se trasformi i sistemi legali in un bene economico, la giustizia non si schiererà semplicemente dalla parte di chi offre di più? … Ma sotto quale sistema i ricchi sono più potenti? Sotto il sistema attuale o sotto l’anarchia di mercato? Certamente, se sei ricco, in entrambi i sistemi hai molti vantaggi. È bello essere ricchi. Sei sempre in una posizione migliore per corrompere le persone con le tangenti. Ma, sotto il sistema attuale, il potere dei ricchi è moltiplicato. Supponi che io sia una persona ricca e malvagia, e che voglia convincere lo Stato a fare una certa cosa che costa al Paese un milione di dollari. Devo forse corrompere qualche burocrate con una tangente di un milione di dollari? No. Perché non sto chiedendo al burocrate di fare quella cosa con i suoi soldi. Ovviamente, se gli stessi chiedendo di farlo con i suoi soldi, e volessi convincerlo a perdere un milione, non potrei offrire una tangente minore di un milione. Dovrei offrire almeno un milione e un centesimo. Ma i burocrati amministrano i soldi altrui; i soldi delle tasse, che non sono di loro proprietà. … Quindi tutto ciò che devo fare è dare al burocrate una tangente piccola, diciamo mille dollari, e lui indirizzerà questo milione di dollari di tasse dei contribuenti verso il mio progetto preferito. Quindi il potere di corruzione dei miei soldi è moltiplicato. Invece, se tu fossi un’agenzia di protezione privata, e io cercassi di farti fare qualcosa che costa un milione, dovrei darti una tangente di più di un milione. Quindi il potere dei ricchi è in realtà diminuito sotto l’anarchia di mercato. E naturalmente, qualunque corte di giustizia privata che si facesse la reputazione di discriminare a favore dei milionari contro i poveri avrebbe presumibilmente anche la reputazione di discriminare a favore dei miliardari contro i milionari. Quindi i milionari non vorrebbero sempre avere a che fare con quest’agenzia. Vorrebbero avere a che fare con essa solo quando stanno trattando con persone più povere, non più ricche. Insomma, gli effetti di un simile comportamento sulla reputazione non sarebbero troppo popolari. Per chi si preoccupa delle vittime povere che non possono permettersi i servizi legali … si può fare ciò che facevano nell’Islanda medioevale: se qualcuno ti ha danneggiato, ricevi un titolo che ti dà il diritto di riscuotere con la forza un certo risarcimento da quella persona. Se sei troppo povero per pagare un’agenzia che riscuota materialmente questo risarcimento, puoi comunque vendere questo titolo (o parte del titolo) a qualcun altro. E’ come quando assumiamo un avvocato con la modalità di pagamento “contingency fee”: gli promettiamo una parte dei guadagni in caso di vittoria (cioè di fatto vendiamo all’avvocato una parte del diritto al risarcimento).Insomma, tu povero puoi vendere il diritto al risarcimento a qualcuno che sia nella posizione di riscuotere quei soldi e di applicare la legge.
9) Robert Bidinotto: le masse vorranno leggi cattive
Un’altra preoccupazione di Bidinotto (che in certo senso è l’esatto contrario della preoccupazione che i ricchi governeranno) è questa:
“Come dice Mises, il mercato è come una grande democrazia, dove c’è la sovranità dei consumatori, e la massa ottiene qualunque cosa vuole. Questa è una bella cosa quando si tratta di frigoriferi e automobili e cose del genere. Ma sicuramente non è una bella cosa quando si tratta delle leggi. Perché dopo tutto le masse sono un mucchio di sciocchi ignoranti e intolleranti; se possono ottenere qualunque legge vogliano, chissà quali orribili cose potranno fare.”Ma c’è una differenza tra la democrazia economica di Mises e la democrazia politica: nella democrazia economica , è vero che la gente ottiene ciò che vuole, ma stavolta deve pagare per averlo. Ora, è perfettamente vero che, se certe persone sono abbastanza fanatiche e vogliono fortemente imporre ad altre persone delle cose perverse, e se hai un gruppo di persone abbastanza grande e abbastanza fanatico che vuole far ciò, allora l’anarchia potrebbe non condurre a un risultato libertario. In California, abbiamo abbastanza persone che sono completamente fanatiche sul vietare il fumo. In Alabama, vogliono bandire l’omosessualità anziché il fumo. (E nessuno dei due vorrebbe bandire l’altro, credo) … In questo caso potrebbe succedere effettivamente che, nella democrazia economica, le persone siano così fanatiche da vietare la cosa in questione. Ma ricordate che dovranno pagare per questo. Quindi, quando a fine mese ti arriva a casa la bolletta da pagare, ci sarà scritto questo: “Ecco la quota da pagare per il servizio di base (proteggerti dall’aggressione). Ah, e poi, naturalmente, c’è la tariffa aggiuntiva per quell’altra piccola cosa (sbirciare nella finestra del tuo vicino per assicurarsi che non stia fumando tabacco, o praticando omosessualità, o qualunque altra cosa).A questo punto le persone veramente fanatiche diranno “Sì, mi sta bene pagare soldi extra per questo servizio”. Ma, se non sono così fanatiche, diranno “Beh, se tutto ciò che devo fare è entrare in una cabina elettorale e votare per queste leggi che restringono la libertà degli altri, allora lo faccio volentieri; andare a votare non mi costa niente.” Ma se devono veramente pagare per queste leggi, diranno “Ehm, forse, dopo tutto, posso chiudere un occhio… Forse posso farmi i cavoli miei.”(Inoltre, se le persone sono così fanatiche, neppure il cosiddetto “stato minimo” risolve il problema. Quindi i sostenitori dello “stato minimo” (o minarchici) non si trovano su un terreno più solido.).
10) Robert Nozick e Tyler Cowen: le agenzie di protezione diventeranno un governo di fatto
Quest’ultima domanda fu sollevata in origine dal filosofo Robert Nozick e fu elaborata ulteriormente dall’economista Tyler Cowen. Nozick disse: supponi che ci sia l’anarchia. [Io e te abbiamo una disputa, e siamo clienti di due agenzie diverse. I giudici delle rispettive agenzie sono in disaccordo su chi di noi due ha ragione.] In questo caso, succederà una di queste due cose: o le agenzie di protezione combatteranno (ma abbiamo già discusso questa eventualità) oppure si accorderanno stipulando in anticipo dei contratti mutui di arbitrato . Che succede in quest’ultimo caso, in cui le agenzie si impegnano in anticipo a risolvere le loro dispute con contratti vicendevoli di arbitrato? Beh, in questo caso, secondo Nozick, le agenzie in questione diventano un governo. E si tornerebbe di nuovo allo Stato. Poi Cowen spinge questo argomento oltre. Dice che ciò che succede è che le agenzie, facendo simili accordi, creano un cartello, e sarà nell’interesse di questo cartello trasformarsi a sua volta in un governo. Se nasce una nuova agenzia a fare concorrenza al cartello, il cartello può semplicemente boicottarla. Proprio come, se tu produci un nuovo Bancomat, è nel tuo interesse che questo Bancomat sia compatibile con le macchine esistenti, così, se tu fondi una nuova agenzia di protezione, è nel tuo interesse diventare parte del sistema di contratti di arbitrato che viene già osservato dalle agenzie esistenti. I clienti non verranno da te se scoprono che tu non hai stretto alcun accordo con le altre agenzie circa cosa deve accadere se un giorno ti troverai in conflitto con queste altre agenzie. Ma in questo caso il cartello sarà in grado di tenere ogni nuova agenzia fuori dal mercato, semplicemente rifiutandosi di fare accordi con essa (boicottaggio).
Potrebbe succedere una cosa del genere? Certo. Potrebbe anche succedere che metà delle persone degli Stati Uniti domani si suicidino in massa. Ma la domanda è: è probabile che questo cartello riesca ad abusare del suo potere in questo modo? Il problema è che i cartelli sono instabili per le solite ragioni. Questo non significa che è impossibile che un cartello abbia successo. Dopo tutto le persone hanno libero arbitrio. Ma è improbabile, perché gli stessi incentivi che portano a formare il cartello ti portano anche a cercare di imbrogliarlo — perché è sempre nell’interesse di chiunque si trovi dentro il cartello fare accordi con chi sta fuori. L’economista Bryan Caplan distingue tra boicottaggi auto-alimentanti e boicottaggi non-auto-alimentanti. I boicottaggi auto-alimentanti sono quelli dove il boicottaggio è stabile, perché è un boicottaggio contro, ad esempio, un uomo d’affari che imbroglia i suoi partner di affari. Ora, è chiaro che non devi avere una volontà morale di ferro per evitare di fare affari con le persone che imbrogliano i partner di affari. Hai degli interessi personali per non fare affari con queste persone. Ma pensate alla decisione di rinunciare a uno scambio vantaggioso con qualcuno perché non vi piace la sua religione o qualcosa del genere; oppure perché costui è membro di un’agenzia di protezione che non ti piace; o perché gli altri membri nel cartello di boicottaggio ti hanno detto di non trattare con lui. Beh, questo boicottaggio potrebbe funzionare. Forse abbastanza persone (e forse tutti) nel cartello sono così decise a mantenere in vita il cartello, e semplicemente decideranno di non avere rapporti con quella persona. È possibile? Sì. Ma se assumiamo che abbiano formato il cartello di boicottaggio per interesse economico personale, allora l’interesse economico personale è esattamente quello che porterà alla sua distruzione, perché è nell’interesse individuale di ciascun membro del cartello avere rapporti con questa persona.

Lettera aperta del Movimento dei Left-libertarian ai lavoratori della Francia


L’agorista del Movimento dei Left-Libertarian, (Movimento della sinistra libertaria -o libertariana ) Brad Spangler, scrisse in occasione delle rivolte studentesce e operaie francesi (http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=488) una lettera aperta agli studenti e lavoratori consigliando come intraprendere questa conflittualità sociale.
Studenti e lavoratori Francesi, il professore Roderick Long scrisse una volta:
“Marx descrisse il governo francese come una compagnia per lo sfruttamento della ricchezza nazionale della Francia in beneficio dell’elitè borghese, egli ripeteva solamente quello che i libertari stavano dicendo da decenni.”
Questo sono La Francia e tutte le altre Nazione che esistono oggi. Voi e noi viviamo in un mondo dove la libertà e l’opportunità economica esistono solo nel consenso di una classe politica che ci permette solo una piccola parte di ”economia” per la sua convenienza e prende il resto mediante la forza e la coercizione attraverso il suo (proprio) parassitismo.
La liberazione dal mercato sovvenzionato per lo Stato è una barzelletta crudele. La legislazione contro la quale protestate e vi ribellate cerca restrizioni totali sulla vostra libertà che se fossero abolite queste restrizioni, vivreste la vostra prosperità. Crediamo che voi e noi possiamo essere utili insieme, attraverso una cooperazione e competizione pacifica.
Per queste ragioni, i firmatarii di questa lettera vi offrono la loro solidarietà e vi si presentano come Movement of the Liberertarian Left (MLL) che appoggia una forma rivoluzionaria di anarchismo di mercato o “agorismo.”
Non staremo a dirvi come dovete intraprendere la vostra rivoluzione contro la tirannia. Abbiamo alcuni suggerimenti, tuttavia; una versione di strategia economica e politica chiamata “contro-economía”. Raccomandiamo umilmente il piccolo libro del fondatore del MLL Samuel Edware Konkin III sull’ agorismo, la contro-economía e la rivoluzione “The” New Libertarian Manifestò nella speranza che possiate trovarlo utile o di ispirazione. È disponibile on-line.

Firma
The Movement of the Libertarian Left
Agorà! Anarchia! Azione!

Brad Spangler, Diane Warth, Thomas L. Knapp, Adem Kupi, Wally Conger, J. Freeman Smith, Kevin Carson, M.D MacKenzie, Roderick T. Long, Jeremy Weiland, M.R Jarrell

(Note: Il MLL si è sciolto nel 2007 per dar vita all’Alliance of left-libertarian)

Left-Rothbardianism

Il Left-Rothbardianism, è il termine generalmente utilizzato per gli agoristi ed gli altri liberali-libertari che si identificano con l’anarchismo di mercato in opposizione agli elementi liberali-libertari più moderati o conservatori come il minarchismo o l’oggettivismo. Nel passato questa tendenza fu denominata New Libertarianism. Vari membri del movimento libertario statunitense, inclusi Karl Hess o Roderick Long, si riconoscono come Left-Rothbardian. Generalmente si tratta di anarchici capitalisti particolarmente noti per l’enfasi all’opposizione alla proprietà intellettuale, l’antimilitarismo, la critica al mercantilismo imprenditoriale, e la loro posizione vicina alla sinistra in temi sociali e culturali.
Sinistra e destra
Nel formulario ufficiale, non esiste realmente una prospettiva di destra rothbardiana, Murray Rothbard collocava il libertarismo nell’estrema sinistra dello spettro politico. L’uso del termine semplicemente rothbardiano di sinistra è un mezzo per differenziarsi a quelli che si richiamano al minarchismo e al conservatorismo con influenza di anarchismo di mercato. I Left-rothbardian si differenziano anche dall’ anarcocapitalismo nei metodi, più che nei principi. Considerando che i Left-rothbardian accettano una gamma più ampia di libertari tra le loro alleanze come gli anarchici collettivisti, ripercorrendo il sentiero dell’antica alleanza dell’anarcocapitalismo con la New Left degli anni 60, mentre gli anarcocapitalisti più classici tendono ad evitare questi rapporti. Questo metodo è un metodo orientato ad allacciare rapporti con la sinistra. Tutti gli agoristi sono Left-Rothbardian, ma tutti i Left-Rothbardian non sono necessariamente agoristi. Si può essere Left-Rothbardian e contemporaneamente non accettare, almeno parzialmente, la teoria della rivoluzione contro-economica di Samuel Konkin e la teoria di classe degli agoristi.

Qualcuno aggiorni la nostra enciclopedia multimediale Wikipedia, italiana.

Regole: causa, non cura della crisi finanziaria


Di: Roderick T. Long
Oggi intendo spiegare come la teoria austriaca dei prezzi valga per i cicli di boom-bust in generale, e per la presente crisi finanziaria in particolare; e perché, quanti la stanno addebitando al libero mercato, siano rimasti piuttosto indietro.
Ricordiamo che i prezzi di mercato sono il meccanismo che permette ai consumatori di riordinare i beni di consumo per determinare scelte tra i beni di produzione; se i consumatori valutano di più beni prodotti in acciaio che non in gomma, il prezzo dell’acciaio aumenterà rispetto a quello della gomma, e questo incoraggerà la parsimonia nell’uso di acciaio, oltre ad incoraggiarne la produzione di nuovo (Questo è incidentalmente il motivo per cui le leggi contro l’estrazione di materie prime sono una cattiva idea; prolungando la carenza di un bene, i cui effetti si cercano di attenuare, annullando la funzione del prezzo come segnalatore di scarsità. Quando i prezzi sono impediti legalmente ad aumentare durante un periodo di scarsità, è come dire al mercato: “Hey voi, non c’è scarsità, non c’è alcun motivo di risparmiare su questo bene, non c’è alcun motivo di aumentarne la produzione, sentitevi liberi di concentrare altrove i vostri investimenti” – che è ovviamente il peggior messaggio che sia possibile mandare).
I tassi di interesse sono anch’essi una sorta di prezzo; segnalano la misura in cui i consumatori siano disposti a differire soddisfazioni di breve termine per poterne avere di maggiori in futuro. Per fare un esempio, se Crusoe fabbrica una rete sarà in grado di catturare molto più pesce che non con le sue mani, ma il tempo di fabbricarla non potrà essere usato per pescare; se Crusoe può permettersi di rinviare la cattura di alcuni pesci presenti per fabbricare la rete, allora è razionale che lo faccia; ma al contrario, se sta facendo la fame e potrebbe non sopravvivere alle razioni ridotte fino al completamento della rete, allora dovrebbe continuare a pescare con le mani e tenere il progetto di una rete per un altro giorno. Se per lui abbia senso togliere tempo alla pesca con le mani per tessere la rete, dipende unicamente dall’urgenza del suo bisogno di pesce a breve termine, dalla sua preferenza temporale.
In un libero mercato, i bassi tassi di interesse segnalano una bassa preferenza temporale, mentre alti tassi di interesse segnalano un’alta preferenza temporale. Se la vostra preferenza temporale (come l’urgenza che porta a preferire soddisfazioni presenti piuttosto che quelle future) è bassa, allora dovrei offrirvi leggermente più di X tra un anno per indurvi a separarvi da X oggi; se fosse alta, allora dovrei offrirvi molto più di X tra un anno in cambio di X oggi. Il tasso di interesse sarebbe così guidato dalle scelte tra progetti di breve termine, meno produttivi, e quelli più produttivi, di cui però i benefici richiederanno più tempo per essere raggiunti.
Quando però le banche centrali, manipolando l’offerta di moneta, tengono artificialmente basso il tasso di interesse, i segnali vengono distorti; gli investitori sono portati ad agire come se i consumatori avessero preferenze temporali inferiori di quanto non abbiano realmente. Pertanto gli investitori sono spinti ad investire in progetti che poi nel lungo termine si rivelano insostenibili, in quanto il consumo differito in questi progetti non viene realmente differito, così che i beni che gli investitori stanno calcolando per completare il progetto di lungo termine non saranno tutti disponibili quando serviranno loro. Questo insostenibile investimento è il boom, o la bolla; il bust viene quando l’insostenibilità viene riconosciuta ed inizia un costoso processo di liquidazione.
La teoria austriaca del ciclo economico è talvolta chiamata in maniera fuorviante “teoria dell’eccesso di investimento”. Il problema non sta nell’eccesso di investimento, ma nel fatto che lo fanno in progetti di lungo termine ad alto rendimento e sottoinvestono in progetti a minor rendimento di breve termine. Ecco perché gli austriaci parlano di “malinvestment” piuttosto che di eccesso di investimento. La tendenza prevalente del mainstream di trattare i capitali come omogenei ignora la differenza tra più alti e più bassi livelli nella produzione di beni, non può quindi apprezzare i costi di passaggio dall’alta alla bassa quando la bolla scoppia.
Oltre alla cattiva allocazione degli investimenti tra input di livello superiore o inferiore, l’inflazione monetaria produce ulteriori squilibri. Quando la banca centrale crea moneta, la nuova moneta non si propaga in tutta l’economia istantaneamente; alcuni settori settori ricevono per primi la nuova moneta, quando sono ancora di fronte ai vecchi prezzi, inferiori, mentre gli altri settori ricevono la nuova moneta per ultimi, dopo aver già subito l’aumento dei prezzi. Il risultato di questo “effetto Cantillon” non è solo la sistematica redistribuzione della ricchezza verso i soggetti favoriti, ovvero le banche ed il governo, ma anche la stimolazione artificiale di alcuni settori, facendoli apparire più redditizi di quello che siano realmente, e dirigendo verso di essi livelli di investimento ingiustificati dal punto di vista economico.
E’ vero, come viene spesso sostenuto, che la descrizione resa dagli economisti austriaci sottostimi l’abilità degli investitori e degli imprenditori di riconoscere gli effetti delle politiche del governo, e di compensarle? No: anche sapendo che un certo prezzo rappresenta un mix tra genuini segnali di mercato e distorsioni politiche, si potrebbe non sapere quale parte del prezzo rappresenti questo fattore, perciò come è possibile compensare la distorsione? (Allo stesso modo, se si conosce un’anomalia magnetica nella zona in cui si sta usando una bussola, l’informazione non è esattamente di grande aiuto se non si conosce l’esatta posizione dell’anomalia e la sua forza rispetto al campo magnetico terrestre; diversamente non ci sono altri modi per correggerla. E dato che la direzione della bussola è almeno in parte verso il vero nord, si preferisce fidarsene nonostante le distorsioni, che non semplicemente abbandonarla e procedere tirando la monetina).
Nella visione austriaca, l’inflazione governativa dell’offerta di moneta attraverso l’abbassamento artificiale dei tassi di interesse, è stata la causa principale della Grande Depressione. (Questo è controverso per gli economisti mainstream, i quali non ritengono la politica della Fed compiutamente inflazionistica, dal momento che i prezzi rimasero relativamente stabili nel periodo precedente al crash. Per gli austriaci la questione cruciale non è però se i prezzi fossero più elevati rispetto quanto fosse successo in precedenza, ma se questi fossero stati superiori rispetto a quello che sarebbero stati in assenza di inflazione monetaria). Similmente secondo gli austriaci, la bolla immobiliare che ha scatenato la crisi odierna, è un prodotto della politica di bassi tassi di interesse praticata dalla Federal Reserve negli ultimi anni. (Una precisazione per evitare un frequente malinteso: dal punto di vista austriaco non c’è nulla di sbagliato riguardo i bassi tassi di interesse di per sé; infatti essi sono un sintomo di una economia sana, in quanto più prospere sono le persone e più sono disponibili a rinviare il consumo attuale. Ma non è possibile rendere un’economia sana inducendo artificialmente i sintomi della salute, in assenza delle loro motivazioni sottostanti. Allo stesso modo, l’assenza della scabbia sulla pelle è un sintomo di salute, ma non è possibile promuovere la salute strappando via le croste: prendano nota i difensori del salario minimo).
Nel 1920, mentre gli economisti mainstream proclamavano che i prezzi delle azioni avevano raggiunto un “altopiano permanentemente alto”, Mises e Hayek stavano prevedendo un crollo (come del resto fece anche mio nonno, Charles Roderick McKay, che come vice governatore della Federal Reserve Bank di Chicago, protestò contro la politica dei tassi tenuti artificialmente bassi, e riuscì a tenere fuori la succursale di Chicago dalla politica del denaro facile, fino a quando la sede centrale non provvide ad annullarne le scelte. Aveva previsto i probabili risultati, e se ne andò di corsa dal mercato azionario ben prima del crollo); analogamente in questi anni gli austriaci hanno insistentemente avvertito di una bolla immobiliare, mentre gente come Greenspan e Bernanke insisteva allegramente nel dire che il mercato immobiliare fosse solido.
Ora tutti vanno dicendo, molto ragionevolmente, che in questa crisi dobbiamo evitare gli errori che hanno dilatato la Grande Depressione; il problema è che questo è del tutto inutile senza l’accurata comprensione di quali siano stati questi errori. Dal punto di vista austriaco, l’attuale piano di iniettare più “liquidità” nell’economia equivale semplicemente a trattare la malattia con una dose più massiccia del veleno che l’ha causata. Il tentativo di curarla attraverso la simulazione artificiale dei sintomi della salute è, letteralmente, la voodoo economics.
Ovviamente la responsabilità non è tutta della Federal Reserve; ci sono molte altre politiche del governo che hanno incoraggiato i prestiti rischiosi. C’è stata una certa attenzione dei media ai cambiamenti, durante la presidenza Clinton, del Community Reivestment Act, ad esempio, il quale incoraggiava standard di prestito più lassisti al fine di attirare mutuatari provenienti dalle minoranze. L’affermazione che questa spiegazione è “razzista” significa confondere la ragione per cui concedere un prestito è rischioso, con quella per cui un prestito, nonostante sia rischioso, viene concesso; allo stesso modo, concentrarsi su questo esempio ristretto manca di mostrare il quadro generale, cioè che quando il governo federale è lo sponsor delle corporations del credito di massa come Freddie Mac e Fannie Mae, questo crea aspettattive (codificate legalmente o no) che sarà esso stesso a garantirne la solvibilità. Proprio come con la crisi dei risparmi e dei prestiti degli anni ‘80, l’aspettativa di rimborso in caso di fallimento ha incoraggiato i prestiti rischiosi, perché tale rischio è socializzato. (E aldilà di questo, ci sono i fattori più profondi che limitano le possibilità per la stragrande maggioranza e le rendono necessario accendere mutui per comprare una casa; dando per scontato che questa necessità richieda una giustificazione).
Anche George Bush, nel suo discorso sulla crisi, ha riconosciuto (o ha letto le parole di persone che hanno riconosciuto) che l’aspettativa di un salvataggio imminente, se necessario, ha contribuito ad incoraggiare i prestiti rischiosi – tuttavia sono sembrate sfuggirgli le ulteriori implicazioni del fatto che sollecitando il bailout ha confermato e rafforzato le aspettative che hanno aiutato ad alimentare la crisi – ponendo così i presupposti per ripetere la crisi in futuro.
Il granello di verità nell’altrimenti ridicolo mantra statalista sulla crisi causata dalla “mancanza di regole” è che quando la regolamentazione A garantisce ad un’impresa privata o semi-privata il diritto di giocare con i soldi della gente, ma non riesce ad applicare la regolamentazione B che restringe il potere dell’impresa di prendere rischi eccessivi con quei soldi, la conseguente crisi è in un certo senso attribuibile alla mancanza di regolamentazione B. Ma il fattore fondamentale non è l’assenza di B di per sé, ma la sua assenza combinata con la presenza di A; l’assenza di B non può essere un problema se intanto manca anche A. Quindi, di certo, c’è stata “insufficienza di regole” se si intende il fallimento del governo per frenare, attraverso ulteriori regolamenti, i problemi creati dalle sue regole iniziali.
Quindi, se il problema è causato da A senza B, si potrebbe obiettare, perché dovremmo adottare la soluzione libertaria di sbarazzarci di A? Non possiamo risolvere il problema semplicemente tenendo A, affiancandole però B? La risposta è no, perché la pianificazione centrale non funziona; quando si risponde a cattive regole aggiungendone di nuove per contrastare le vecchie, piuttosto che abrogarle e basta, si aggiungono sempre più strati tra decisioni e mercato, si imbacucca il sistema di feedback dei prezzi e si rischia il caos nel calcolo economico.
Però, potrebbe obiettare ancora, se noi fossimo in una situazione in cui abbiamo A ma non B, e dove inoltre abrogare A non è politicamente possibile, mentre adottare B lo è – in questo caso non dovremmo premere per aggiungere B? In certe circostanze, dipende dai dettagli, forse è così; però la domanda più importante, a mio avviso, è: dovremmo dedicare più tempo ed energie a cambiare le caratteristiche fondamentali di un sistema fondamentalmente sbagliato entro i parametri di ciò che viene ora considerato politicamente possibile, o dovremmo lavorare per cambiare i parametri stessi? Nelle parole di Hayek: “Quelli che si sono interessati unicamente a ciò che sembrava praticabile allo stato delle opinioni comuni, hanno costantemente trovato come questo diventasse rapidamente politicamente impossibile per effetto di dei cambiamenti nell’opinione pubblica che non avevano mai fatto niente per guidare”.
Va bene, diranno alcuni, forse è stato il governo, non il laissez-faire, che ci ha gettati in mezzo al disordine; ma ora che ci siamo dentro, non abbiamo bisogno del governo per uscirne? La mia risposta è che il governo non è in grado di portarci fuori. Non c’è molto che il governo possa fare per aiutarci (a parte abrogare leggi, regolamenti e sussidi, che prima hanno creato e ora perpetuano il disordine – ma questo significherebbe poco meno che smettere di fare alcunché, e comunque dati gli incentivi che agiscono per spingere il governo ad essere decision-maker non c’è una sola possibilità realistica che ciò accada). Il bailout, il salvataggio, è la semplice deviazione delle risorse dei produttivi poveri e della produttiva classe media, a beneficio dei ricchi falliti, e non sembra una buona idea dal punto di vista etico o economico. L’unico effetto buono che un tale bailout possa avere (a meno che non si preferiscano ai costosi boondoggles [i celebri e bizzarri programmi inutili del New Deal, N.d.T.] senza pile di corpi morti a fianco, i costosi boondoggles con) è convincere i guerrafondai che non ci si può permettere una guerra globale contro il terrorismo in questo momento – ma non c’è alcun segno che si siano convinti di una cosa del genere.
Se il sistema dei prezzi fosse stato autorizzato a funzionare pienamente, la crisi avrebbe risolto sé stessa – non istantaneamente o senza fare alcun male, certo, ma infinitamente più velocemente di quanto il governo possa mai manovrare. Quello che il governo dovrebbe fare è, in ultima analisi, nulla.
Ma una tale risposta sarebbe politicamente impossibile? Praticamente è vero; ma cosa lo rende tale? Sono le tendenze corporative del popolo americano? Il congresso ha votato il bailout perché gli elettori lo reclamavano? Al contrario, la maggior parte degli elettori sembrava decisamente contraria ad esso. Il bailout è passato perché il congresso prima di tutto risponde non agli elettori, ma al big business. E questa è la fonte dell’impossibilità politica, che non deriva da una ideologia variabile, ma dalla natura stessa del governo rappresentativo. Un governo responsabile verso il popolo potrebbe essere difficilmente un paradiso (dato che le persone sono difficilmente libere da ignoranza e pregiudizi, e che il volere della maggioranza è troppo spesso un meccanismo per esternalizzare i costi delle preferenze delle maggioranze sulle minoranze) – ma discutere i meriti di un governo genuinamente responsabile verso il popolo è puramente accademico, perché un simile governo, qualunque siano i suoi meriti o demeriti, è impossibile; non è possibile creare un monopolio delle risposte alle persone. Al contrario del mercato, nessun sistema politico è mai stato escogitato o trovato a subordinare l’influenza di interessi concentrati ad interessi dispersi. Il monopolio non può essere “riformato” e deve essere abolito.
Questo non significa, ovviamente, dire che certe forme di governo siano meno indifferenti di altre, così come certe forme di schiavitù sono meno terribili di altre. Una delle caratteristiche più impressionanti della schiavitù nel sud prima della guerra civile, ad esempio, è quanto fosse peggiore, in media, rispetto la maggior parte della forme storiche di schiavitù; e se gli abolizionisti, disperando la prospettiva di liberare gli schiavi, avessero concentrato i loro sforzi per riformare la schiavitù americana per renderla più simile alla schiavitù greco-romana o a quella scandinava medievale, non voglio dire che non sarebbe valsa la pena di farlo o che non avrebbero reso molte vite effettivamente migliori – ma non è regolare le proprie aspirazioni politiche un po’ in basso?

dal blog: http://liberteo.wordpress.com/011/

Storia di una idea

riporto un bell’articolo tratto dal blog: http://liberteo.wordpress.com

Storia di una idea di Roderick T. Long

Ovvero come un argomento contro la fattibilità del socialismo autoritario diventa un argomento contro la fattibilità del capitalismo autoritario.
Nel 1920, Ludwig von Mises dimostrò l’impossibilità del “socialismo” (inteso come proprietà statale dei mezzi di produzione), una tesi successivamente rielaborata da lui stesso e dal suo allievo Friedrich von Hayek.
In breve, l’idea: il valore di un bene del produttore dipende dal valore del bene di consumo al quale questo bene contribuisce. Pertanto, nel decidere tra metodi di produzione alternativi, la scelta più efficiente è quella che economizza su quei beni del produttore che sono richiesti per i beni di consumo più altamente valutati.
C’è però una differenza tra efficienza tecnica ed efficienza economica. (Per questa spiegazione ho un debito con “From Marx to Mises” di David Ramsay Steele).
Supponiamo di paragonare due modi di fare dei gingilli; un metodo A usa 3 grammi di gomma per gingillo mentre un metodo B ne usa 4 (e per il resto siano a parità di costi). In questo caso il metodo A è chiaramente più efficiente del metodo B; questo è un caso di efficienza tecnica, perché possiamo capire quale sia più efficiente semplicemente guardando ai quantitativi impiegati, senza interessarci di concetti economici come la domanda.

Adesso confrontiamo un metodo C, che usa 3 grammi di gomma e 4 di acciaio per gingillo, con un metodo D che ne usa 4 di gomma e 3 di acciaio (sempre a parità di altri costi). In questo caso né C né D sono uno tecnicamente più efficiente dell’altro. Per calcolare quello economicamente più efficiente dobbiamo paragonare i valori di gomma e acciaio – ovvero chi rinuncia ad un uso alternativo maggiormente richiesto, un grammo di acciaio o uno di gomma? Secondo Mises e Hayek, non c’è un modo chiaro per capire questo, se non attraverso la concorrenza di mercato e un sistema di prezzi per cui le valutazioni dei consumatori dei beni di primo ordine vengano tradotte, per mezzo dei prezzi, nelle varie domande dei loro fattori di produzione (ad esempio risulta un prezzo più elevato per l’acciaio che non per la gomma, e di conseguenza i produttori cercano di risparmiare sull’acciaio). La proprietà statale dei mezzi di produzione non fa parte del mercato, e quindi non ne fanno parte nemmeno i prezzi dei beni dei produttori, pertanto non c’è alcun modo di trasmettere questa informazione.

Perché lo stato socialista, pianificatore centrale, non può avere accesso a questa informazione? Bene, in primo luogo la maggior parte delle informazioni rilevanti sulle preferenze è locale, inarticolata, costantemente in evoluzione; può essere espressa attraverso le scelte dei consumatori, che incarna, ma non ci sono altri sistemi per raccoglierle. (Questo è l’aspetto del problema sottolineato da Hayek – che comprendeva altri tipi di informazioni inarticolate, locali e costantemente in evoluzione – oltre che in materia di preferenze – nei suoi scritti). In secondo luogo, anche se potesse ottene queste informazioni in una graduatoria, ma senza traduzione in prezzi cardinali, non ci sarebbe alcun modo di combinare le graduatorie di persone diverse. (Questo è l’aspetto che è stato sottolineato da Mises). Infine, anche ottenendo le informazioni in forma cardinale, per poterle usare allo scopo di pianificare l’economia bisognerebbe risolvere in tempi brevissimi milioni di equazioni simultanee. (I critici di Mises e Hayek spesso hanno affermato che sia questo terzo problema quello principale, supponendo che un calcolatore abbastanza potente potrebbe sostituire il sistema dei prezzi – ma rispetto alla prospettiva di Mises e Hayek è un ripensamento di portata nettamente minore).

Se la pianificazione centrale è uno sforzo senza speranza, per l’impossibilità del calcolo economico, allora perché gli stati socialisti come l’Unione Sovietica non hanno avuto ancora meno successo dei loro risultati attuali (che, pur non pessimi, non sono stati completamente caotici come ci si potrebbe aspettare dai risultati di Mises e Hayek)? La risposta è che lo stato sovietico, come altri regimi, non fu mai completamente isolato dal sistema internazionale dei prezzi (per tacere del suo mercato nero interno). Pertanto i meccanismi di trasmissione, pur gravemente ostacolati, in una certa misura sono stati in grado di funzionare. (La maggior parte delle forme di intervento governativo consistono in una mera distorsione del sistema dei prezzi, piuttosto che in una sua completa soppressione. Naturalmente gli effetti di questa distorsione possono essere seri – come quando, per la teoria austriaca del ciclo economico, lo stato aumenta artificialmente l’offerta di moneta con tassi di interessi inferiori, dando agli investitori il falso segnale che i consumatori sono sono più disposti ad aumentare i consumi di quanto siano in realtà. Gli investitori indirizzano quindi le loro risorse su progetti a lungo termine (boom) che si rivelano però insostenibili (bust), come nel 1929 – o nel 2008. Ma l’applicazione della teoria austriaca del ciclo alla crisi attuale è l’oggetto del mio prossimo intervento).

La dimostrazione dei limiti della centralizzazione statale vennero in seguito estesi altrettanto bene da un allievo di Mises, Murray Rothbard, ai limiti della costituzione di cartelli privati. Dal suo “Man, Economy and State” del 1962 (in particolare qui e qui):

Al fine di calcolare i profitti e le perdite di ogni ramo, una società deve essere in grado di fare riferimento nelle sue operazioni interne ai mercati esterni per ciascuno dei vari fattori e dei prodotti intermedi. Quando uno di questi mercati esterni scompare, perché tutti sono assorbiti all’interno di un’unica impresa, non è possibile eseguire il calcolo economico, e non vi è alcun modo per l’impresa di allocare razionalmente i fattori in un settore specifico. Più questi limiti saranno estesi, tanto maggiore sarà la sfera di irrazionalità e più difficile sarà evitare le perdite.

Se non c’è mercato per un prodotto, e tutti i suoi scambi sono interni, non è possibile per l’impresa determinare il prezzo del bene. Una impresa può stimare un prezzo implicito quando esiste un mercato esterno; ma quando questo è assente il prezzo del bene non può essere stimato, né implicitamente, né esplicitamente. Qualsiasi cifra potrebbe essere un simbolo arbitrario. Non essendo in grado di calcolare un prezzo, l’impresa non può allocare razionalmente i fattori e le risorse da un reparto ad un altro. … Per ogni bene capitale deve esistere un dato mercato. E’ ovvio che questa legge economica stabilisca un preciso massimo alla dimensione relativa di una impresa in un mercato libero. In virtù di questa legge non potrà mai esistere un unico grande cartello su tutto il mercato, o fusioni fino ad arrivare ad un unica impresa proprietaria di tutti gli assets. La forza di legge si moltiplica all’aumentare dell’area del mercato, ampliando le zone di caos per cui è impossibile eseguire il calcolo economico. Mentre la zona di non calcolabilità aumenta, i gradi di irrazionalità, di cattiva allocazione, di perdita, di impoverimento, diventano maggiori. Il proprietario o il cartello che controllasse l’intero sistema produttivo non potrebbe eseguire alcun tipo di calcolo economico, e quindi prevarrebbe il caos più completo.

Tutti conoscono le economie di scala, è il principale motivo per cui esistono le imprese. Quello che l’analisi di Rothbard dimostra è che possono esistere diseconomie di scala, e che tendono a crescere con l’aumento dell’integrazione verticale.

Cosa succede quando una impresa cresce al punto che al suo interno le operazioni si svolgono in modo isolato dal sistema dei prezzi, e le diseconomie di scala iniziano a superare le economie? Dipende dal contesto istituzionale. In un libero mercato, se l’impresa non inverte la tendenza e non comincia a ridurre le sue dimensioni, si svilupperà sempre più inefficiente e finirà per perdere clienti a favore dei suoi competitori: i mercati servono così da controllo alle sue dimensioni.

Ma quando politici amici manipolano il gioco in modo che le imprese favorite ne possano trarre i benefici connessi, socializzando quindi i costi associati alle diseconomie di scala? Allora finiremmo per avere una economia dominata da quel colosso mastodontico, burocratico e gerarchico che tutti conosciamo ed amiamo. (Per vedere alcuni dei modi in cui l’intervento dello stato contribuisca all’attuale natura dilbertiana del mondo degli affari si veda l’articolo di Kevin Carson: “Economic Calculation in the Corporate Commonwealth” e per maggiori dettagli il suo libro “Studies in Mutualist Political Economy” e i suoi tutt’ora in corso “Studies in the Anarchist Theory of Organizational Behavior”).

La buona notizia è che le poco amate caratteristiche dell’economia, spesso addebitate al libero mercato (o a qualcos’altro chiamato “capitalismo”, che dovrebbe significare libero mercato o plutocrazia, oppure magicamente entrambe), sia nei fatti il prodotto di interventi del governo. Possiamo abbracciare il libero mercato senza abbracciare il big business.
Ma non solo gli oppositori del libero mercato che sostengono gli interessi di imprese miste. Ancora troppi libertari difendono giganti multinazionali come Microsoft e Wal-Mart (due imprese il cui intero modello di business dipende in larga misura dall’intervento delle autorità pubbliche – attraverso la disciplina dei brevetti e dei copyright per Microsoft, e per la socializzazione di costi di trasporto per quanto riguarda Wal-Mart; oltre che dalla soppressione dei piccoli concorrenti per entrambe) come se tale difesa sia rivolta verso una parte integrate dei mercati. Come libertari non possiamo lamentarci di essere additati come apologeti della plutocrazia corporativa, finché siamo noi stessi a contribuire a questa percezione, dimenticandoci dei fondamentali riguardo il sistema dei prezzi.

Fino a quando la confusione tra libero mercato e plutocrazia persisterà – fino a quando i libertari confonderanno la lodevole battaglia per il libero mercato con la difesa della plutocrazia, e fino a quando a sinistra confonderanno la loro lodevole opposizione alla plutocrazia con la l’opposizione al libero mercato – né la sinistra, né i libertari risolveranno alcunché, e l’alleanza tra stato e corporations continuerà a dominare la scena politica.

Ecco perché ci serve una Left-libertarian Alliance. (http://all-left.net/)